Il Bajkal di Engadina

di Roberto Sysa Moiola

 

L’anno sta volgendo al termine e fotograficamente so che mi aspetta uno dei momenti più intensi della mia stagione del cuore. L’entusiasmo va a mille, sono impaziente come un bambino che deve scartare i regali nel giorno di Natale. I miei regali sono nascosti sotto la superfice dei laghi dell’Engadina, in Svizzera.

La natura non mente, l’occasione è ghiotta, devo farmi trovare pronto. Butto in macchina il solito vestiario da freddo estremo, una piccozza, una corda e un salvagente: non c’è da scherzare, il ghiaccio è un’ambiente imprevedibile e come la montagna in generale è sempre meglio provare a conoscerla, più che sfidarla.

Mi chiedo sempre se il rischio vale la candela, eppure le emozioni forti che provo camminando di notte sopra un lago ghiacciato, riportato alla realtà di tanto in tanto dalle urla sinistre degli assestamenti, non ha eguali.

È una sfida tra me e la natura, tra il fotografo e il lago, che mi presenta i suoi doni: le magnifiche bolle di metano intrappolate in quel mondo insidioso e cupo.

E’ notte fonda quando varco il confine e mi dirigo su per il passo del Bernina e del Maloja. Non so esattamente dove e quali forme troverò, questa cosa aggiunge ulteriore fascino all’avventura, non è una caccia banale. Ma alcune malizie mi hanno aiutato ad escluderne alcune zone, ho imparato a conoscere i segreti del lago, a scovarle dove i pattinatori non sono ancora passati con le loro dannose lame.

Chissà se anche quest’anno la particolare e fortunata combinazione di fattori climatici mi farà gioire di fronte alla incredibile perfezione tridimensionale che si cela sotto la superficie degli specchi d’acqua, dove il macro può regalare delle geometrie taglienti.

Ho passato annate grandiose, sette giorni di fila a scattare, sempre le stesse foto, ogni giorno più esaltato del precedente. Altri anni non c’è stata la possibilità, perché proprio nel momento in cui il lago cominciava a gelare e poi ad essere abbastanza sicuro da salirvi sopra, una bufera inaspettata lo ricopriva fino a tarda primavera e quindi al disgelo.

Una volta finita la caccia e individuato il soggetto più bello, comincia il divertimento. Un grandangolo spinto e avanti con le danze, dal tramonto all’alba, in barba al gelo e al vento che spira ininterrotto quando il vento da Nord decide di far visita al cantone più bello dell’intera Svizzera.

Posizioniamo il cavalletto, rigorosamente senza le punte da ghiaccio per non rovinare la delicata superficie ghiacciata, e cominciamo ad inquadrare. Tra i filtri il polarizzatore è il primo da installare e con esso posso quindi decidere se riflettere e mostrare, o meno, i miei soggetti: ghiaccio e bolle di metano. Un GND o più di uno mi salvano dall’inevitabile bagliore di luce del tramonto, un ND mi permette di allungare le nuvole, giocando con creazioni da amanti delle long.

Insomma ancora pochi giorni e sapremo se tutto questo sarà fattibile, ma adesso, lasciate che vi mostri le foto più belle che ho scattate in questi ultimi anni. E, ditemi, se non è uno spettacolo della natura. Avete paura di salire o venite con me?

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